Di Gianluca Iozzi | 07.02.2013 16:50 CET
Sembra di assistere ad un film già visto: quando si toccano i poteri
forti o comunque aziende che hanno alle spalle grandi proprietari è
meglio smettere di indagare. È il caso della Saras dei fratelli Moratti
che ha chiesto il risarcimento per i danni di immagine a Massimiliano
Mazzotta, reo di aver realizzato un film-inchiesta sulle attività
dell'azienda.
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Nelle varie cause civili intentate contro l'autore, l'opera è stata definita lecita. Persino il garante della privacy ha ritenuto il lavoro 'encomiabile' e 'd'interesse pubblico nazionale'. Ma nonostante questo, l'azienda chiede il sequestro del film nonché il risarcimento del "danno d'immagine sostenendo che 'Oil' è tendenzioso nella forma e nei contenuti. Hanno sollevato problemi sulle scelte della regia, dicendo che si violava la loro privacy e hanno anche sostenuto che alcune interviste erano state estorte con l'inganno. Mentre io ho sempre documentato i permessi e mi sono sempre presentato come giornalista d'inchiesta. Per cui il mio messaggio, ha detto il garante, non è stato distorto". Così come dichiarato dallo stesso Mazzotta al quotidiano on line SardiniaPost.
E lo stesso regista mette in evidenza come dopo la decisione di girare il film-inchiesta la sua vita sia totalmente cambiata: "Non vivo più da quando ho fatto quel film. Avevo un'attività a Porta Venezia a Milano, e sono dovuto scappare dall'Italia. Ora vivo a Goa, in India"
"Sono successe delle cose 'strane -continua il regista , ndr- che chiaramente non posso imputare ad una connessione diretta con la mia vicenda del film Oil. Ma se ti cade il soffitto della casa, ti rompono più volte la vetrina del negozio, ti portano via lo scooter, perde il tubo del common rail della macchina con il rischio che s'incendi in corsa... credo che non sia facile per nessuno convivere con queste situazioni".
Tanto per capire fino a dove la Saras può estendere i suoi tentacoli basti pensare che "una ragazza, Luisa, una barista, è stata cacciata dal lavoro perché ha promosso una visione pubblica nel locale. Il rapporto tra la politica e i dirigenti della Saras è strettissimo. Controllano la situazione a tutti i livelli in maniera trasversale. Per esempio, ricordo che un secondo prima della proiezione del film agli universitari di Cagliari, nella sala Cosseddu dell'Ersu (l'Ente regionale per il diritto alla studio universitario, ndr) il direttore ha bloccato tutto. La Saras allora spingeva sul fatto che c'era una causa in corso. Ma la cosa più difficile è stato portare il film fuori dalla Sardegna". Così come raccontato da Mazzotta nell'intervista al quotidiano sardo.
Ma l'impresa già in passato era finita nell'occhio del ciclone per via di una denuncia effettuata dall'agricoltore Carlo Romanino. Quest'ultimo coltivava principalmente pomodori. L'azienda di famiglia, 10mila metri quadri di terreno sita in località Leonaxi, si trova a poche centinaia di metri proprio dalla raffineria dei fratelli Moratti.
I pomodori, vero e proprio fiore all'occhiello dell'azienda, ad oggi risultano fuori mercato, si è fermata la produzione. Il motivo è da attribuire al fatto che sono avvelenati: contengono metalli pesanti come piombo, arsenico, nichel e rame. E secondo uno studio commissionato proprio al geologo cagliaritano Manlio Aime il tutto è da mettere in relazione agli scarichi della raffineria dei Moratti.
Ma c'è chi proprio non vuol sentir parlare di Saras: "Non volevano venire a lavorare da noi, avevano paura della raffineria, dei fumi. In definitiva, del cancro. D'altronde a Sarroch non passa mese che non ci si ritrovi in chiesa e poi in cimitero: messa e funerale. Tutti morti di tumore, a cadenza ciclica. E spesso giovani. L'ultimo lutto pochi giorni fa: donna, quarant'anni. Il penultimo ai primi dell'anno". Così come dichiarato da Romanino al quotidiano sardo.
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