sabato 23 marzo 2013

L’euro è una truffa come lo è la Comunità europea

sabato 23 marzo 2013

L’euro è una truffa come lo è la Comunità europea

L’euro è una truffa come lo è la comunità europea in questo stato di cose: ossia sotto la blindatura dei trattati Maastritch, Lisbona, Mes, Fiscal compact, Nato, WTO, ecc.
Non abbiamo più la sovranità di niente se non soltanto quella di decidere chi ci deve prendere per i fondelli per un altro turno (ed in parte nemmeno quella: leggasi porcellum).
Ora se uno è consapevole di essere vittima di una truffa cosa fa?
1) Aspetta perchè non è ancora convinto della truffa?
2) Denuncia il truffatore e lo insegue?
3) Si lascia truffare perchè in fondo si lasciano truffare tutti?
4) Fa di tutto per uscire dalla truffa e la fa conoscere agli altri?
Sono quattro ipotesi che potrebbero rapresentare uno scenario di gente normale. Già: ma cosa vuol dire normale, in un paese dove l’informazione è orribilmente manipolata?
Il popolo manipolato e stregato dalla politicaasservita alla finanza internazionale non si muove. Meglio: è la maggioranza che non si muove.
Se diamo per buono il movimento di Grillo, almeno il 26% di quelli che sono andati a votare sembra si siano svegliati almeno per affermare che così, non si può più andare avanti. Non siamo convinti che siano consapevoli sulle fondamentali (multinazionali, moneta-debito, NWO) ma lo sono di certo sulla cattiva gestione dello Stato (sprechi, ruberie, nepotismo, corruzione, ecc).
In tv si susseguono le varie trasmissioni vomitevoli garanti delle “verità di regime” per continuare a drogare la popolazione.
Sull’euro (truffa) si continua a propagandare che sia la panacea di tutti i mali e guai ad uscire dall’euro! (Meno male che la lista Giannino ha fatto la fine che ha fatto e gli sta bene ad “imprese che resistono” che erano state avvertite per tempo). Se c’è una cosa che uccide le imprese è proprio questo neoliberismo (la ricetta che propagandava proprio il signor Giannino).

Lo stesso Grillo che detta le linee-guida “democratiche” al movimento 5stelle, su questa strada si muove timidamente, non si capisce se per non disturbare la sua base in parte radicalverdoide o per non disturbare il potere finanziario, quasi volesse chiedergli il permesso per poterlo attaccare direttamente (magari con un referendum!?).
Perché non dire chiaramante quello che lui sa perfettamente e cioè che l’euro è la causa prima della crisi? Una crisi che è insita al sistema monetario del dollaro e dell’euro. Perché nessuno parla del torvo sistema dell’ emissione monetaria?
La situazione è veramente drammatica. In una società ad alta industrializzazione, far mancare la moneta significa uccidere indirettamente tutti. Una società basata su un sistema a moneta debito in cui il controllo monetario è in mano agli usurai (i mercati) non può che uccidere i suoi sudditi-cittadini per riconoscere gli interessi agli usurai.
Nelle società rurali dove parte dell’economia ancora funziona con cicli estranei alla moneta di sistema, le crisi sarebbero di sicuro meno brucianti e più sopportabili. Ma noi viviamo in uno Stato che si regge su un’economia di produzione e servizi nel quale la moneta viene imposta a corso forzoso accompagnandola con un torchio fiscale di “equi-omicidio-italia”; nel quale il 60% della popolazione vive in città; nel quale l’intera vita si regge sullo scambio di denaro. E dunque qui la crisi non potrà che essere devastante: sarà una nuova ferale strage di stato.
I vecchi partiti, soprattutto quello che si è battuto per portarci in questo sistema di eurousura, fanno di tutto per farci rimanere nell’euro, o per incoscienza o per ignoranza o perchè avendo avuto venduto l’anima all’usuraio non possono più tornare in idetro. Si comportano in modo abominevole, calpestando la stessa dignità dei propri elettori.
Se il resto del popolo scoprisse di chi e cosa è vittima, si monterebbero le ghigliottine di fronte ai “Palazzi” del potere.
Se la gente capisse che il debito, oltre che essere nullo e immorale è gia stato pagato al momento stesso dell’emissione della moneta, e che ci stanno derubando il patrimonio pubblico, il patrimonio privato, l’identità, la dignità, la vita, il tempo e la sovranità, domani stesso sarebbe il giorno della rivoluzione e delle forche caudine.
Ma anche questo appello rimarrà chiuso in un blog o su questa pagina di giornale, letto forse da qualche decina o centinaia di cari amici, e così correremo difilato verso il suicidio assistito di massa.
E questo perché, purtroppo, “ognuno in fondo è perso dentro ai fatti suoi” (Vasco), ognuno pensa al proprio orticello rinsecchito e non si accorge che ci stanno suicidando tutti: e con il nostro consenso.
di Giuseppe Turrisi

venerdì 22 marzo 2013

Bugie Soltanto Bugie

Zona Franca !!!!!
Era tutto una grande BUGIA !!!!
Illusione Pura illusione !!!!!
Le elezioni erano vicine è subito ,  qualcuno si prodigato a fare Le solite Promesse, per accapparrarsi qualche voto in più !!!
Ma i nostri cari politici !!! CAMPANO NELLE MENZOGNE !!! VIVONO NELLE MENZOGNE !!! SI ARRICCHISCONO CON LE MENZOGNE !!!!!
SFRUTTANO E CONTINUANO A VENDERE LA NOSTRA TERRA !!!! AI LORO CARI AMICI !!!! MORATTI A FORASA !!!!!!!
POLITICI AVETE TRADITO  ANCORA UNA VOLTA  !!!!!
MA NON AVEVAMO DUBBI !!!!!!!!
POLITICI MEDITATE E RIFLETTETE !!!!!!!

Procurade e moderare,
Barones, sa tirannia,
Chi si no, pro vida mia,
Torrades a pe' in terra!
Declarada est già sa gherra
Contra de sa prepotenzia,
E cominzat sa passienzia
ln su pobulu a mancare


martedì 12 marzo 2013

Sbattiamo I Moratti fuori dalla nostra ISOLA !!!

Gas naturale, la Saras presenta gli studi di impatto ambientale

La società petrolifera va avanti con il progetto Eleonora: l’obiettivo è estrarre gas naturale dal sottosuolo nella zona di Arborea. Il comitato nato contro il progetto di estrazione è pronto a scendere in piazza anche con i bambini
ORISTANO. La Saras va avanti e il Progetto Eleonora non si ferma. La società petrolifera della famiglia Moratti non intende rinunciare all’iniziativa che prevede la realizzazione di un pozzo per l’estrazione di gas naturale dal sottosuolo, in un’area poco distante dallo stagno di S’Ena Arrubia, nel territorio di Arborea, in provincia di Oristano. Per mercoledì prossimo la Saras ha annunciato l’illustrazione del progetto e i contenuti dello Studio di impatto ambientale. Si avvia quindi la procedura regionale per richiedere le necessarie autorizzazioni. Contro il Progetto Eleonora da tempo si è schierato un comitato locale «No al Progetto Eleonora» che ha ottenuto il sostegno di enti pubblici, associazioni e movimenti. Anche in questi giorni il comitato, che teme ricadute negative per l’ambiente, ha promosso iniziative di sensibilizzazione sul territorio.
Minacciano discendere in piazza anche con i bambini, gli esponenti del Comitato «No al progetto Eleonora» che si oppongono alla realizzazione di un pozzo. In una nota viene attaccata la società petrolifera della famiglia Moratti in quanto «per l’ennesima volta non è interessata alle richieste delle amministrazioni e le forze produttive di Arborea e della Provincia di Oristano».
Nel comunicato si ricordano le delibere contrarie progetto per insediare un impianto di estrazione di idrocarburi da parte di sette comuni, due unioni dei comuni, del Consiglio provinciale di Oristano e del tessuto produttivo della zona. Un progetto - si sottolinea - che dovrebbe essere realizzato nelle campagne agricole di Arborea, a pochi passi dall’oasi naturale di S’Ena Arrubia.
La Saras viene accusata di «non rinunciare ad andare avanti nell’intento di stravolgere totalmente la realtà economica e ambientale» della zona. I rappresentanti del comitato, che terranno una conferenza stampa pubblica venerdi prossimo ad Arborea, annunciano che continueranno ad opporsi coinvolgendo tutta la popolazione di Arborea, compresi i bambini protagonisti di un video contro l’impianto della Saras che verra messo in rete nelle prossime ore.

lunedì 11 marzo 2013

Doddore Meloni querela Mario Sechi !!! béne fattù.

Doddore Meloni querela Mario Sechi!!! béne fattù !!

Chiesti 2 milioni per dichiarazione offensiva e diffamatoria

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  FONTE  (ANSA) - CAGLIARI, 11 MAR - Due milioni di euro di risarcimento da destinarsi alla causa per l'indipendenza della Sardegna: tanto chiede Doddore Meloni al giornalista Mario Sechi, capolista al Senato di Scelta Civica, oggetto di una denuncia per diffamazione nei confronti del movimento politico Meris. ''Il giorno prima delle elezioni - spiega Meloni - in un'intervista su La Nuova Sardegna Sechi ha cosi' risposto: 'Gli indipendentisti? Deficienti. Senza i soldi dell'Europa e dell'Italia la Sardegna e' morta''.


Commento :

Da militante INDIPENDENTISTA AFFERMATO !!!!!  In risposta al sig Sechi , che di signore non ha NIENTE !!!!!!!  Caro sechi  quello che hai detto offende tutti i Sardi ma in primis offendi anche te stesso !!! visto che nel 1992 hai iniziato a lavorare a milano per una testata giornalistica  intitolata L'indipendente !!! ma il bello che ha toppato e dopo due mesi ha avuto un calo di vendite di oltre 20.000 copie, quindi chiusa !!!!! sarà mai colpa degli articoli che scrivevi !!!!! Ainu chi torratà !!!
Massimo.C.

Questa è la fine che ci faranno fare !!!


GUARDATE E DIFFONDETE QUESTE VIDEO E LE NOTIZIE !!!!!!!!
I MEDIA PENSANO SOLO AI CAZZI LORO !!!!!
PENSANO SOLO AI LORO CAZZONI DI POLITICI LADRI E CORROTTI !!!!! 
POPOLO SARDO VI VOLETE SVEGLIARE !!!!!!!!!!!

http://vnewsblog.wordpress.com/

http://vnewsblog.wordpress.com/
FONTE VNEWSBLOG, GRAZIE DI ESISTERE.
CONTINUA A DARE INFORMAZIONE !!!! 

martedì 5 marzo 2013

FUORI DALL'EURO !!!!!

Tutta l'europa ha voglia di ritornare alla valuta originaria dela propia nazione!!!.
A furor di popolo tutto viene taciuto dai più grandi media....
Ora basta!!!!!
Riprendiamoci la nostra identità!!!!!
Riprendiamoci i nostri soldi!!!!
Riprendiamoci il nostro LAVORO!!!!!
Sardi vi siete SVEGLIATI !!!!!!!!!
SE non lo avete ancora fatto SVEGLIATEVI !!!!!!!!!!! o sarete solo delle PECORE !!!!! che inseguono un sogno !!!! e continuano a servire i continentali !!!!!
Avanti Forza Paris!!!!!

lunedì 4 marzo 2013

Riprendiamoci la nostra terrà o finiremo cosi' !!!

lunedì 4 marzo 2013
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L’ex alto diplomatico greco Leonidas Chrysanthopoulos ha dichiarato al New Statesman inglese, la scorsa settimana, che discussioni hanno avuto luogo tra esponenti politici e delle forze armate greci sulla risposta dei militari a ciò che Chrysanthopoulos ha descritto come “esplosione di disordini sociali” che dovrebbero avvenire “molto presto”. Chrysanthopoulos ha detto che nei prossimi mesi, “ci saranno ulteriori azioni armate. Ci saranno dimostrazioni sanguinose.” Senza entrare nei dettagli, ha detto che “Vi sono contatti di certi politici con elementi delle forze armate per garantire che, in caso di gravi disordini sociali, l’esercito non intervenga“. Questa affermazione è stata l’ultima, probabilmente, fatta per il pubblico. Anche se tale richiesta fosse stata fatta, nessuna garanzia dei militari greci sarebbe utile, data la storia recente del Paese, quando il “regime dei colonnelli” prese il potere con un colpo di stato militare nel 1967, e che durò fino al 1974. Dall’inizio dell’austerità di massa in Grecia, nel 2010, vi sono continue voci su discussioni tra i vertici militari su un colpo di stato.
L’aspetto più significativo dell’intervista di Chrysanthopoulos è la rivelazione delle discussioni tra politici e militari su come rispondere alla minaccia della rivoluzione sociale. I circoli dominanti greci lavorano sul presupposto che le lotte insurrezionali siano inevitabili per via del disagio intollerabile che hanno imposto alla classe operaia. In meno di quattro anni, la posizione sociale della classe lavoratrice greca è stata ridotta a livelli che non si vedevano dall’occupazione nazista, durante la seconda guerra mondiale. Una povertà brutale ha colpito la vita di milioni persone.

Un aspetto importante dell’assalto alle condizioni di vita è la rimozione della sanità pubblica. Più di 50 conglomerati farmaceutici hanno interrotto o ridotto selvaggiamente le forniture alla Grecia, citando le preoccupazioni per i loro profitti. La pericolosa carenza di centinaia di medicinali di base si traduce in scene caotiche di pazienti che corrono da una farmacia all’altra alla ricerca di farmaci vitali, mentre gli ospedali pubblici sono privi di adeguate forniture di farmaci da dispensare. Tale comportamento non si limita alle grandi aziende farmaceutiche. Il 27 febbraio è emerso che la Croce Rossa Svizzera, agenzia di soccorso senza scopo di lucro, ha imposto una drastica riduzione delle forniture alla Grecia delle sacche dei donatori di sangue, citando il problema di che le forniture precedenti non erano state  completamente pagate, ed annunciando che a partire dal 2015 il numero di sacche di sangue dei donatori inviati alla Grecia sarà dimezzato, rispetto al livello attuale annuale di 28.000 unità.
Come risultato delle politiche di austerità richieste dalla “troika” (Fondo monetario internazionale, Banca centrale europea e Unione Europea), l’incredibile cifra di 4.650.000 di persone è ora disoccupata o economicamente non attiva. Vi sono 450mila famiglie in cui nessuno si occupa. Delle 2,6 milioni di persone occupate nel settore privato nel 2010, 900.000 sono state licenziate. Poiché la durata delle prestazioni è stata ridotta, appena 225.000 dei disoccupati ora hanno una retribuzione per la disoccupazione. Nel settore privato, 600.000 lavoratori (su un totale 1,6 milioni) ora vengono regolarmente pagati per una giornata lavorativa di otto ore. Il professore Savas Robolis dell’università Panteion di Atene ha detto di recente, “Il resto dei lavoratori ha avuto l’orario ridotto o sono stati pagati in ritardo, quattro o cinque mesi di ritardo. Sono in uno stato di disperazione.”
La relazione annuale, questa settimana, della Banca di Grecia ha rilevato che il 23 per cento della popolazione viveva al di sotto della soglia di povertà nel 2012, rispetto al 16 per cento nel 2011. Inoltre, nota l’aumento esponenziale della povertà infantile, con un tasso di famiglie a rischio che raggiunge il 31 per cento in un solo anno (2010-2011). Nel periodo 2010-2012, il salario medio lordo del paese è stato ridotto del 20,6 per cento e il costo del lavoro per i datori di lavoro è diminuito del 18,5 per cento. Date le misure di austerità già in vigore, ci sarà una riduzione complessiva del costo del lavoro in Grecia per il periodo 2012-2014, pari al 17,6 per cento. Queste  misure così selvagge vengono imposte per arrivare a ridurre del 15 per cento la spesa complessiva, come richiesto dalla troika. Presentando la relazione, il presidente della banca George Provopoulos ha affermato che la ripresa economica si avrà mediante l’austerità e ha chiesto misure ancora più dure da imporre. “Ora che il traguardo è finalmente visibile”, ha detto, “dobbiamo intensificare gli sforzi, accelerare il nostro ritmo per coprire il tratto finale e garantirci che i sacrifici dei cittadini non siano stati vani…” Parlando delle vittime di queste politiche, ha dichiarato, “richieste critiche e irragionevoli da parte di gruppi sociali non contribuiscono a questo obiettivo.”
La relazione della banca è stata emessa mentre i rappresentanti della troika, ancora una volta convergevano su Atene per controllare l’attuazione del programma concordato con il governo Nuova Democrazia/PASOK/Sinistra democratica. Tra le questioni da regolare vi è il modo più reciso per ridurre il bilancio farmaceutico di quest’anno. In seguito alle richieste precedenti della troika, il bilancio è stato ridotto da 3,7 a 2,4 miliardi di euro lo scorso anno. I rapporti suggeriscono che potrebbe essere ridotto a 2 miliardi quest’anno. Con aziende farmaceutiche che già trattengono molti farmaci, questa è la ricetta per una catastrofe sanitaria e parecchi morti inutili. La troika prevede anche di chiedere di aumentare la rapidità del licenziamento di 25.000 lavoratori del settore pubblico quest’anno (entro metà giugno), al fine di soddisfare i concordati 150.000 licenziamenti entro il 2015. Se Atene non dovesse imporre i tagli per soddisfare la troika, due tranche di prestiti per marzo e aprile, per un totale di 8,8 miliardi di euro, verrebbero bloccate o assai ridotte. La mancata ricezione di tali finanziamenti, renderebbe la Grecia inadempiente sul suo debito.
Con la promessa, se eletto, di invertire il programma di austerità, SYRIZA (Coalizione della sinistra radicale) ha avuto quasi il 30 per cento dei voti nelle elezioni dello scorso anno. Si è presentata come gruppo di organizzazioni di pseudo-sinistra in alternativa progressiva ai partiti di governo pro-austerità e mezzo per contrastare l’avanzata del movimento fascista Golden Dawn. In realtà, SYRIZA non è meno una creatura della classe dirigente del partito di destra Nuova Democrazia, e non è meno legata al programma di austerità. Questa settimana, il portavoce di SYRIZA Panos Skourletis ha dichiarato: “Noi non abbiamo la bacchetta magica in grado di migliorare e cambiare la situazione da un giorno all’altro… Dobbiamo renderci conto che ogni giorno in cui questa politica viene applicata, le cose peggiorano. Questa devastazione è incalcolabile e, quindi, riprendersi dalle ripercussioni di questa politica diventa sempre più difficile.” Il significato di tali osservazioni, che non è possibile invertire l’austerità programma, è inconfondibile. SYRIZA prepara i suoi argomenti per quello che sarà chiamata a svolgere, se raggiunge il suo obiettivo di entrare in un futuro governo contrario alla classe operaia.

Fonte sito NOCENSURA.
Traduzione di Alessandro Lattanzio - SitoAurora - http://aurorasito.wordpress.com/2013/03/02/i-militari-greci-si-preparano-alla-repressione-di-massa/

Sardi usciamo dall'euro e coniamo la nostra valuta!!!

USCIAMO DALL'EURO SUBITO!


Feld, consigliere economico di Merkel, è convinto che il debito pubblico italiano non sia sostenibile. 

"Europa e Bce non stabilizzeranno l'economia italiana, se gli italiani rifiutano le riforme", dice. Per Boerner, presidente dell'associazione export tedesco, "bisogna ripensare all'Eurozona".
"Dall’euro usciremo, perché alla fine la Germania segherà il ramo su cui è seduta..."

L’uscita dall'euro prossima ventura - Un anno fa, discorrendo con Aristide, chiedevo come mai la sinistra italiana rivendicasse con tanto orgoglio la paternità dell’euro: non vedeva quanto esso fosse opposto agli interessi del suo elettorato? Una domanda simile a quella di Rossanda. Aristide, economista di sinistra, mi raggelò: “caro Alberto, i costi dell’euro, come dici, sono noti, tutti i manuali li illustrano. Li vedevano anche i nostri politici, ma non potevano spiegarli ai loro elettori: se questi avessero potuto confrontare costi e benefici non avrebbero mai accettato l’euro. Tenendo gli elettori all’oscuro abbiamo potuto agire, mettendoli in una impasse dalla quale non potranno uscire che decidendo di fare la cosa giusta, cioè di andare avanti verso la totale unione, fiscale e politica, dell’Europa.”

Insomma: “il popolo non sa quale sia il suo interesse: per fortuna a sinistra lo sappiamo e lo faremo contro la sua volontà”. Ovvero: so che non sai nuotare e che se ti getto in piscina affogherai, a meno che tu non “decida liberamente” di fare la cosa giusta: imparare a nuotare. Decisione che prenderai dopo un leale dibattito, basato sul fatto che ti arrivo alle spalle e ti spingo in acqua. Bella democrazia in un intellettuale di sinistra! Questo agghiacciante paternalismo può sembrare più fisiologico in un democristiano, ma non dovrebbe esserlo. “Bello è di un regno come che sia l’acquisto”, dice re Desiderio. Il cattolico Prodi l’Adelchi l’ha letto solo fino a qui. Proseguendo, avrebbe visto che per il cattolico Manzoni la Realpolitik finisce in tragedia: il fine non giustifica i mezzi. La nemesi è nella convinzione che “più Europa” risolva i problemi: un argomento la cui futilità non può essere apprezzata se prima non si analizza la reale natura delle tensioni attuali.

Il debito pubblico non c’entra - Sgomenta l’unanimità con la quale destra e sinistra continuano a concentrarsi sul debito pubblico. Che lo faccia la destra non è strano: il contrattacco ideologico all’intervento dello Stato nell’economia è il fulcro della “controriforma” seguita al crollo del muro. Questo a Rossanda è chiaro. Le ricordo che nessun economista ha mai asserito, prima del trattato di Maastricht, che la sostenibilità di un’unione monetaria richieda il rispetto di soglie sul debito pubblico (il 60% di cui parla lei). Il dibattito sulla “convergenza fiscale” è nato dopo Maastricht, ribadendo il fatto che queste soglie sono insensate. Maastricht è un manifesto ideologico: meno Stato (ergo più mercato). Ma perché qui (cioè a sinistra?) nessuno mette Maastricht in discussione? Questo Rossanda non lo nota e non se lo chiede. Se il problema fosse il debito pubblico, dal 2008 la crisi avrebbe colpito prima la Grecia (debito al 110% del Pil), e poi Italia (106%), Belgio (89%), Francia (67%) e Germania (66%). Gli altri paesi dell’eurozona avevano debiti pubblici inferiori. Ma la crisi è esplosa prima in Irlanda (debito pubblico al 44% del Pil), Spagna (40%), Portogallo (65%), e solo dopo Grecia e Italia. Cosa accomuna questi paesi? Non il debito pubblico (minimo nei primi paesi colpiti, altissimo negli ultimi), ma l’inflazione. Già nel 2006 la Bce indicava che in Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna l’inflazione non stava convergendo verso quella dei paesi “virtuosi”. I Pigs erano un club a parte, distinto dal club del marco (Germania, Francia, Belgio, ecc.), e questo sì che era un problema: gli economisti sanno da tempo che tassi di inflazione non uniformi in un’unione monetaria conducono a crisi di debito estero (prevalentemente privato).
 

Inflazione e debito estero - Se in X i prezzi crescono più in fretta che nei suoi partner, X esporta sempre meno, e importa sempre più, andando in deficit di bilancia dei pagamenti. La valuta di X, necessaria per acquistare i beni di X, è meno richiesta e il suo prezzo scende, cioè X svaluta: in questo modo i suoi beni ridiventano convenienti, e lo squilibrio si allevia. Effetti uguali e contrari si producono nei paesi in surplus, la cui valuta diventa scarsa e si apprezza. Ma se X è legato ai suoi partner da un’unione monetaria, il prezzo della valuta non può ristabilire l’equilibrio esterno, e quindi le soluzioni sono due: o X deflaziona, o i suoi partner in surplus inflazionano. Nella visione keynesiana i due meccanismi sono complementari: ci si deve venire incontro, perché surplus e deficit sono due facce della stessa medaglia (non puoi essere in surplus se nessuno è in deficit). Ai tagli nel paese in deficit deve accompagnarsi un’espansione della domanda nei paesi in surplus. Ma la visione prevalente è asimmetrica: l’unica inflazione buona è quella nulla, i paesi in surplus sono “buoni”, e sono i “cattivi” in deficit a dover deflazionare, convergendo verso i buoni. E se, come i Pigs, non ci riescono? Le entrate da esportazioni diminuiscono e ci si deve indebitare con l’estero per finanziare le proprie importazioni. I paesi a inflazione più alta sono anche quelli che hanno accumulato più debito estero dal 1999 al 2007: Grecia (+78 punti di Pil), Portogallo (+67), Irlanda (+65) e Spagna (+62). Con il debito crescono gli interessi, e si entra nella spirale: ci si indebita con l’estero per pagare gli interessi all’estero, aumenta lo spread e scatta la crisi.
 
 

Dall’euro usciremo, perché alla fine la Germania segherà il ramo su cui è seduta...

L’uscita dall'euro prossima ventura

Un anno fa, discorrendo con Aristide, chiedevo come mai la sinistra italiana rivendicasse con tanto orgoglio la paternità dell’euro: non vedeva quanto esso fosse opposto agli interessi del suo elettorato? Una domanda simile a quella di Rossanda. Aristide, economista di sinistra, mi raggelò: “caro Alberto, i costi dell’euro, come dici, sono noti, tutti i manuali li illustrano. Li vedevano anche i nostri politici, ma non potevano spiegarli ai loro elettori: se questi avessero potuto confrontare costi e benefici non avrebbero mai accettato l’euro. Tenendo gli elettori all’oscuro abbiamo potuto agire, mettendoli in una impasse dalla quale non potranno uscire che decidendo di fare la cosa giusta, cioè di andare avanti verso la totale unione, fiscale e politica, dell’Europa.” 

Insomma: “il popolo non sa quale sia il suo interesse: per fortuna a sinistra lo sappiamo e lo faremo contro la sua volontà”. Ovvero: so che non sai nuotare e che se ti getto in piscina affogherai, a meno che tu non “decida liberamente” di fare la cosa giusta: imparare a nuotare. Decisione che prenderai dopo un leale dibattito, basato sul fatto che ti arrivo alle spalle e ti spingo in acqua. Bella democrazia in un intellettuale di sinistra! Questo agghiacciante paternalismo può sembrare più fisiologico in un democristiano, ma non dovrebbe esserlo. “Bello è di un regno come che sia l’acquisto”, dice re Desiderio. Il cattolico Prodi l’Adelchi l’ha letto solo fino a qui. Proseguendo, avrebbe visto che per il cattolico Manzoni la Realpolitik finisce in tragedia: il fine non giustifica i mezzi. La nemesi è nella convinzione che “più Europa” risolva i problemi: un argomento la cui futilità non può essere apprezzata se prima non si analizza la reale natura delle tensioni attuali.
Il debito pubblico non c’entra.
Sgomenta l’unanimità con la quale destra e sinistra continuano a concentrarsi sul debito pubblico. Che lo faccia la destra non è strano: il contrattacco ideologico all’intervento dello Stato nell’economia è il fulcro della “controriforma” seguita al crollo del muro. Questo a Rossanda è chiaro. Le ricordo che nessun economista ha mai asserito, prima del trattato di Maastricht, che la sostenibilità di un’unione monetaria richieda il rispetto di soglie sul debito pubblico (il 60% di cui parla lei). Il dibattito sulla “convergenza fiscale” è nato dopo Maastricht, ribadendo il fatto che queste soglie sono insensate. Maastricht è un manifesto ideologico: meno Stato (ergo più mercato). Ma perché qui (cioè a sinistra?) nessuno mette Maastricht in discussione? Questo Rossanda non lo nota e non se lo chiede. Se il problema fosse il debito pubblico, dal 2008 la crisi avrebbe colpito prima la Grecia (debito al 110% del Pil), e poi Italia (106%), Belgio (89%), Francia (67%) e Germania (66%). Gli altri paesi dell’eurozona avevano debiti pubblici inferiori. Ma la crisi è esplosa prima in Irlanda (debito pubblico al 44% del Pil), Spagna (40%), Portogallo (65%), e solo dopo Grecia e Italia. Cosa accomuna questi paesi? Non il debito pubblico (minimo nei primi paesi colpiti, altissimo negli ultimi), ma l’inflazione. Già nel 2006 la Bce indicava che in Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna l’inflazione non stava convergendo verso quella dei paesi “virtuosi”. I Pigs erano un club a parte, distinto dal club del marco (Germania, Francia, Belgio, ecc.), e questo sì che era un problema: gli economisti sanno da tempo che tassi di inflazione non uniformi in un’unione monetaria conducono a crisi di debito estero (prevalentemente privato).
Inflazione e debito estero.
Se in X i prezzi crescono più in fretta che nei suoi partner, X esporta sempre meno, e importa sempre più, andando in deficit di bilancia dei pagamenti. La valuta di X, necessaria per acquistare i beni di X, è meno richiesta e il suo prezzo scende, cioè X svaluta: in questo modo i suoi beni ridiventano convenienti, e lo squilibrio si allevia. Effetti uguali e contrari si producono nei paesi in surplus, la cui valuta diventa scarsa e si apprezza. Ma se X è legato ai suoi partner da un’unione monetaria, il prezzo della valuta non può ristabilire l’equilibrio esterno, e quindi le soluzioni sono due: o X deflaziona, o i suoi partner in surplus inflazionano. Nella visione keynesiana i due meccanismi sono complementari: ci si deve venire incontro, perché surplus e deficit sono due facce della stessa medaglia (non puoi essere in surplus se nessuno è in deficit). Ai tagli nel paese in deficit deve accompagnarsi un’espansione della domanda nei paesi in surplus. Ma la visione prevalente è asimmetrica: l’unica inflazione buona è quella nulla, i paesi in surplus sono “buoni”, e sono i “cattivi” in deficit a dover deflazionare, convergendo verso i buoni. E se, come i Pigs, non ci riescono? Le entrate da esportazioni diminuiscono e ci si deve indebitare con l’estero per finanziare le proprie importazioni. I paesi a inflazione più alta sono anche quelli che hanno accumulato più debito estero dal 1999 al 2007: Grecia (+78 punti di Pil), Portogallo (+67), Irlanda (+65) e Spagna (+62). Con il debito crescono gli interessi, e si entra nella spirale: ci si indebita con l’estero per pagare gli interessi all’estero, aumenta lo spread e scatta la crisi.
Lo spettro del 1992.
E l’Italia? Dice Rossanda: “il nostro indebitamento è soprattutto all’interno”. Non è più vero. Pensate veramente che ai mercati interessi con chi va a letto Berlusconi? Pensate che si preoccupino perché il debito pubblico è “alto”? Ma il nostro debito pubblico è sopra il 100% da 20 anni, e i nostri governi, anche se meno folcloristici, sono stati spesso più instabili. Non è questo che preoccupa i mercati: quello che li preoccupa è che oggi, come nel 1992, il nostro indebitamento con l’estero sta aumentando, e che questo aumento, come nel 1992, è guidato dall’aumento dei pagamenti di interessi sul debito estero, che è in massima parte debito privato, contratto da famiglie e imprese (il 65% delle passività sull’estero dell’Italia sono di origine privata).


Cui Prodest?
Calata nell’asimmetria ideologica mercantilista (i “buoni” non devono cooperare) e monetarista (inflazione zero) la scelta politica di privarsi dello strumento del cambio diventa strumento di lotta di classe. 

Se il cambio è fisso, il peso dell’aggiustamento si scarica sui prezzi dei beni, che possono diminuire o riducendo i costi (quello del lavoro, visto che quello delle materie prime non dipende da noi) o aumentando la produttività. Precarietà e riduzioni dei salari sono dietro l’angolo. La sinistra che vuole l’euro ma non vuole Marchionne mi fa un po’ pena. Chi non deflaziona accumula debito estero, fino alla crisi, in seguito alla quale lo Stato, per evitare il collasso delle banche, si accolla i debiti dovuti agli squilibri esterni, trasformandoli in debiti pubblici. Alla privatizzazione dei profitti segue la socializzazione delle perdite, con il vantaggio di poter incolpare a posteriori i bilanci pubblici. La scelta non è se deflazionare o meno, ma se farlo subito o meno. Una scelta ristretta, ma solo perché l’ottusità ideologica impone di concentrarsi sul sintomo (lo squilibrio pubblico, che può essere corretto solo tagliando), anziché sulla causa (lo squilibrio esterno, che potrebbe essere corretto cooperando). Alla domanda di Rossanda “non c’è stato qualche errore?” la risposta è quella che dà lei stessa: no, non c’è stato nessun errore. Lo scopo che si voleva raggiungere, cioè la “disciplina” dei lavoratori, è stato raggiunto: non sarà “di sinistra”, ma se volete continuare a chiamare “sinistra” dei governi “tecnici” a guida democristiana accomodatevi. Lo dice il manuale di Acocella: il “cambio forte” serve a disciplinare i sindacati.
Più Europa?
Secondo la teoria economica un’unione monetaria può reggere senza tensioni sui salari se i paesi sono fiscalmente integrati, poiché ciò facilita il trasferimento di risorse da quelli in espansione a quelli in recessione. Una “soluzione” che interviene a valle, cioè allevia i sintomi, senza curare la causa (gli squilibri esterni). È il famoso “più Europa”. Un esempio: festeggiamo quest’anno il 150° anniversario dell’unione monetaria, fiscale e politica del nostro paese. “Più Italia” l’abbiamo avuta, non vi pare? Ma 150 anni dopo la convergenza dei prezzi fra le varie regioni non è completa, e il Sud ha un indebitamento estero strutturale superiore al 15% del proprio Pil, cioè sopravvive importando capitali dal resto del mondo (ma in effetti dal resto d’Italia). Dopo cinquanta anni di integrazione fiscale nell’Italia (monetariamente) unita abbiamo le camicie verdi in Padania: basterebbero dieci anni di integrazione fiscale nell’area euro, magari a colpi di Eurobond, per riavere le camicie brune in Germania. L’integrazione fiscale non è politicamente sostenibile perché nessuno vuole pagare per gli altri, soprattutto quando i media, schiavi dell’asimmetria ideologica, bombardano con il messaggio che gli altri sono pigri, poco produttivi, che “è colpa loro”. Siano greci, turchi, o ebrei, sappiamo come va a finire quando la colpa è degli altri.
Deutschland über alles.
Le soluzioni “a valle” dello squilibrio esterno sono politicamente insostenibili, ma lo sono anche quelle “a monte”. La convivenza con l’euro richiederebbe l’uscita dall’asimmetria ideologica mercantilista. Bisognerebbe prevedere simmetrici incentivi al rientro per chi si scostasse in alto o in basso da un obiettivo di inflazione. Il coordinamento del quale Rossanda parla andrebbe costruito attorno a questo obiettivo. Ma il peso dei paesi “virtuosi” lo impedirà. Perché l’euro è l’esito di due processi storici. Rossanda vede il primo (il contrattacco del capitale per recuperare l’arretramento determinato dal new deal post-bellico), ma non il secondo: la lotta secolare della Germania per dotarsi di un mercato di sbocco. Ci si estasia (a destra e a sinistra) per il successo della Germania, la “locomotiva” d’Europa, che cresce intercettando la domanda dei paesi emergenti. Ma i dati che dicono? Dal 1999 al 2007 il surplus tedesco è aumentato di 239 miliardi di dollari, di cui 156 realizzati in Europa, mentre il saldo commerciale verso la Cina è peggiorato di 20 miliardi (da un deficit di -4 a uno di -24). I giornali dicono che la Germania esporta in Oriente e così facendo ci sostiene con la sua crescita. I dati dicono il contrario. La domanda dei paesi europei, drogata dal cambio fisso, sostiene la crescita tedesca. E la Germania non rinuncerà a un’asimmetria sulla quale si sta ingrassando. Ma perché i governi “periferici” si sono fatti abbindolare dalla Germania? Lo dice il manuale di Gandolfo: la moneta unica favorisce una “illusione della politica economica” che permette ai governi di perseguire obiettivi politicamente improponibili, cavandosela col dire che sono imposti da istanze sopraordinate (quante volte ci siamo sentiti dire “l’Europa ci chiede...”?). Il fine (della lotta di classe al contrario) giustificava il mezzo (l’ancoraggio alla Germania).
La svalutazione rende ciechi.
È un film già visto. Ricordate lo Sme “credibile”? Dal 1987 al 1991 i cambi europei rimasero fissi. In Italia l’inflazione salì dal 4.7% al 6.2%, con il prezzo del petrolio in calo (ma i cambi fissi non domavano l’inflazione?). La Germania viaggiava su una media del 2%. La competitività italiana diminuiva, l’indebitamento estero aumentava, e dopo la recessione Usa del 1991 l’Italia dovette svalutare. Svalutazione! Provate a dire questa parola a un intellettuale di sinistra. Arrossirà di sdegnato pudore virginale. Non è colpa sua. Da decenni lo bombardano con il messaggio che la svalutazione è una di quelle cosacce che provocano uno sterile sollievo temporaneo e orrendi danni di lungo periodo. Non è strano che un sistema a guida tedesca sia retto dal principio di Goebbels: basta ripetere abbastanza una bugia perché diventi una verità. Ma cosa accadde dopo il 1992? L’inflazione scese di mezzo punto nel ’93 e di un altro mezzo nel ’94. Il rapporto debito estero/Pil si dimezzò in cinque anni (da -12 a -6 punti di Pil). La bolletta energetica migliorò (da -1.1 a -1.0 punti). Dopo uno shock iniziale, l’Italia crebbe a una media del 2% dal 1994 al 2001. La lezioncina sui danni della svalutazione (genera inflazione, procura un sollievo solo temporaneo, non ce la possiamo permettere perché importiamo il petrolio) è falsa.
Irreversibile?
Si dice che la svalutazione non sarebbe risolutiva, e che le procedure di uscita non sono previste, quindi... Quindi cosa? Chi è così ingenuo da non vedere che la mancanza di procedure di uscita è solo un espediente retorico, il cui scopo è quello di radicare nel pubblico l’idea di una “naturale” o “tecnica” irreversibilità di quella che in fondo è una scelta umana e politica (e come tale reversibile)? Certo, la svalutazione renderebbe più oneroso il debito definito in valuta estera. Ma porterebbe da una situazione di indebitamento estero a una di accreditamento estero, producendo risorse sufficienti a ripagare i debiti, come nel 1992. Se non lo fossero, rimarrebbe la possibilità del default. Prodi vuol far sostenere una parte del conto ai “grossi investitori istituzionali”? Bene: il modo più diretto per farlo non è emettere Eurobond “socializzando” le perdite a beneficio della Germania (col rischio camicie brune), ma dichiarare, se sarà necessario, il default, come hanno già fatto tanti paesi che non sono stati cancellati dalla geografia economica per questo. È già successo e succederà. “I mercati ci puniranno, finiremo stritolati!”. Altra idiozia. Per decenni l’Italia è cresciuta senza ricorrere al risparmio estero. È l’euro che, stritolando i redditi e quindi i risparmi delle famiglie, ha costretto il paese a indebitarsi con l’estero. Il risparmio nazionale lordo, stabile attorno al 21% dal 1980 al 1999, è sceso costantemente da allora fino a toccare il 16% del reddito. Nello stesso periodo le passività finanziarie delle famiglie sono raddoppiate, dal 40% all’80%. Rimuoviamo l’euro, e l’Italia avrà meno bisogno dei mercati, mentre i mercati continueranno ad avere bisogno dei 60 milioni di consumatori italiani.
Non faccia la sinistra ciò che fa la destra.
Dall’euro usciremo, perché alla fine la Germania segherà il ramo su cui è seduta. Sta alla sinistra rendersene conto e gestire questo processo, anziché finire sbriciolata. Non sto parlando delle prossime elezioni. Berlusconi se ne andrà: dieci anni di euro hanno creato tensioni tali per cui la macelleria sociale deve ora lavorare a pieno regime. E gli schizzi di sangue stonano meno sul grembiule rosso. Sarà ancora una volta concesso alla sinistra della Realpolitik di gestire la situazione, perché esiste un’altra illusione della politica economica, quella che rende più accettabili politiche di destra se chi le attua dice di essere di sinistra. Ma gli elettori cominciano a intuire che la macelleria sociale si può chiudere uscendo dall’euro. Cara Rossanda, gli operai non sono “scombussolati”, come dice lei: stanno solo capendo. “Peccato e vergogna non restano nascosti”, dice lo spirito maligno a Gretchen. Così, dopo vent’anni di Realpolitik, ad annaspare dove non si tocca si ritrovano i politici di sinistra, stretti fra la necessità di ossequiare la finanza, e quella di giustificare al loro elettorato una scelta fascista non tanto per le sue conseguenze di classe, quanto per il paternalismo con il quale è stata imposta. Si espongono così alle incursioni delle varie Marine Le Pen che si stanno affacciando in paesi di democrazia più compiuta, e presto anche da noi. Perché le politiche di destra, nel lungo periodo, avvantaggiano solo la destra. Ma mi rendo conto che in un paese nel quale basta una legislatura per meritarsi una pensione d’oro, il lungo periodo possa non essere un problema dei politici di destra e di sinistra. Questo spiega tanta unanimità di vedute.

Autore ALBERTO BAGNAI - 22.08.2011
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

domenica 3 marzo 2013

Volete la verità !!!!! è tutto un BLUFF Perché voterete un governo solo virtuale. Se non capite questo siete finiti.

Perché voterete un governo solo virtuale. Se non capite questo siete finiti.

Da oltre dieci anni pubblico le prove della progressiva perdita di qualsiasi sovranità politica e costituzionale degli Stati occidentali (WTO, GATS, ecc.). Oggi, nel caso dell’Eurozona, quella perdita è totale. Ciò significa che nessuno degli uomini o delle donne che oggi si azzuffano nelle liste elettorali, premier o parlamentari, vi potrà governare nei prossimi 5 anni. Essi eseguiranno solo ordini impartiti da tecnocrati europei, dai Trattati europei, e dai mercati finanziari, fine (le prove qui sotto). Fra Vendola e Monti lo spazio di manovra è non più dello 0,1%, se consideriamo le politiche nazionali che contano. Grillo ancora meno, perché il suo team è talmente scadente che neppure riuscirebbe a capire come si paga uno stipendio di un bidello, meno che meno cosa siano le Collective Action Clauses sui titoli del Tesoro o il Correcting Macroeconomic Imbalances. Inutile votare sti politici, inutile leggerne i programmi, guardare i dibattiti tv. Essi sono figure virtuali, impotenti al 99,9%, sono morti viventi.
So che questa nozione sembra una boutade di un fesso, tanto è scioccante. Ma così è. Il mio lavoro ha portato prove autorevoli con documenti e testimonianze in numero talmente ampio che è impossibile persino riassumerle qui. Voglio solo ricordare i seguenti punti:
A) La Costituzione italiana non ha più valore sovrano, essendo stata sottomessa alla legge europea fin dal 1991. (Chapter National constitutions and the Lisbon Treaty: conflicts are resolved by the EU Court, 344 TFEU - obligation of loyalty, 4.3 TEU, 24.3 TEU - In Opinion 1/91 of the European Court of Justice, the European treaties are described as 'the Constitutional Charter of a Community of Law, a new legal order for the sake of which the States have limited their sovereign rights”).
B) La legge europea, redatta unicamente dalla Commissione Europea di tecnocrati che nessuno elegge, ha supremazia su ogni legge nazionale italiana. Ne consegue che il Parlamento nazionale è esautorato nella sovranità. Il ruolo subordinato dei Parlamenti nazionali nella nuova Europa significa che “essi dovranno fare gli interessi dell’Unione prima che i propri”, come sancito dai Trattati. (Art. 8c, TEU - The European Council of 21-23 June 2007 in Brussels: Presidency Conclusions, General Observations, point 3, page 16)
C) Il governo italiano non ha più alcuna sovranità nelle politiche economiche, di bilancio e sociali. Questo significa aver perso il 99,9% del potere di un governo. Ciò accade a causa dei Trattati europei che l’Italia ha firmato e ratificato in legge nazionale, e che da oggi costringono il governo e il Parlamento alle seguenti misure:

-       Una spesa pubblica insignificante non oltre il 3% del PIL, che dovrà scendere allo 0,5% del PIL.

-       Il pareggio di bilancio va inserito nella Costituzione (sancito dal Fiscal Compact nel TITOLO III art. 3/1 a - 3/2). Significa che il governo deve spendere 100 e tassarci 100, lasciando a noi cittadini e imprese esattamente 0 denaro. Unica nostra alternativa è erodere i risparmi o indebitarci con le banche. Questo è precisamente l’impoverimento automatico che oggi chiamiamo ‘la crisi’. L’Italia ha ubbidito e ha messo in Costituzione il pareggio di bilancio, ma ora sapete che non è stata affatto una scelta parlamentare per il bene del Paese, ma una costrizione esterna dettata dalla minaccia di sanzioni europee (leggi sotto)

-       Il governo dovrà sottomettere la legge di bilancio alla Commissione Europea prima che al Parlamento, e solo dopo l’approvazione di Bruxelles potrà  interpellare i deputati.

-       Se il governo sgarra, potrà essere multato di miliardi di euro e scatta una procedura chiamata Preventing Macroeconomic Imbalances. Concede alla Commissione e al Consiglio Europeo poteri di intervenire sulle politiche italiane del lavoro, sulla tassazione, sullo Stato Sociale, sui servizi essenziali e sui redditi per imporre tagli e maggiori tasse. Imporre, non suggerire.
-       La competitività italiana sarà giudicata dai poteri europei superiori a governo e Parlamento in rapporto al contenimento degli stipendi e all’aumento della produttività. Gli stipendi pubblici devono essere tenuti sotto controllo per non danneggiare la competitività. La sostenibilità del debito nazionale viene giudicata a seconda della presunta generosità di spesa nella Sanità, Stato Sociale, e ammortizzatori sociali. Le pensioni e gli esborsi sociali devono essere riformati “allineando il sistema pensionistico alla situazione demografica nazionale, per esempio allineando l’età pensionistica con l’aspettativa di vita”.
-       L’Italia, Stato della zona Euro, dovrà chiedere l'approvazione alla Commissione Europea e al Consiglio Europeo prima di emettere i propri titoli di Stato. Anche qui la funzione primaria di autonomia di spesa dello Stato sovrano è cancellata (sancito dal Fiscal Compact nel TITOLO III art. 6).

-       Se l’Italia dovrà chiedere un aiuto finanziario al Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) sarà obbligata a sottoscrivere, in accordo con la Commissione Europea, col FMI e con la BCE, un Memorandum dove si vincola a obbedire a tutto ciò che il MES e FMI gli imporranno, a tutti i Trattati, a tutte le condizioni del prestito, persino a critiche e suggerimenti dei sopraccitati. Il Parlamento italiano non ha alcuna voce in capitolo neppure qui.
 (Fonti: The Stability and Growth Pact, The European Semester, Preventing Macroeconomic Imbalances, The Europact, The Fiscal Compact, The European Stability Mechanism(MES)).
Infine, il governatore della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, ha il potere sancito dallo statuto BCE di ricattare qualsiasi banca italiana attraverso i poteri della Struttura di Controllo del Rischio (Risk Contol Framework), e anche qui il governo italiano è impotente. E, come sapete, l’Italia, che ha perduto con l’Eurozona la sua moneta sovrana, dipende dai mercati di capitali internazionali per ricevere ogni centesimo di euro che spende per la vita dello Stato, per cui è da essi ricattabile al 100%, cioè il governo, il Parlamento, i cittadini, la Costituzione sono alla mercé dei mercati, interamente.
Bene. Ho finito. Voterete dei morti, impotenti, inutili, senza alcun reale potere. Dobbiamo urlare alla politica che noi sappiamo tutto questo, e che loro devono promettere all’elettorato di portarci fuori da questo orrore europeo con un voto di orgoglio e di salvezza nazionale.
E il poveretto non se n’era accorto, andava combattendo ma era morto”.

F. Paolo Barnard.

sabato 2 marzo 2013

Il popolo perde l'identità e il cervello !!

Cari Sardi, per l'ennesima volta un appello aperto e con il cuore in mano.
Quello che è successo alle elezioni deve servire per il futuro,  a non commettere più gli errori del passato !!.
In questi giorni post elezioni ho sentito svariati commenti da parte di militanti di tutti i partiti..........Il Risultato !!! 
E' sotto gli occhi di tutti , molti sardi sono orgogliosi di aver votato il partito cinque stelle, ma non hanno nemmeno idea o non hanno nemmeno la più piccola conoscenza di chi hanno votato !!!.
Grillo nel 1997 diceva che la rete di INTERNET era la più grossa truffa del secolo che addirittura avrebbe rovinato l'umanità.
E in parte è vero la grande divulgazione di informazioni che viaggiano in rete rovinano lo stato sociale delle persone, manca il contatto con le persone il contatto umano non esiste più, le tradizioni e usanze spariscono !!!.
Ora per lui se non esiste la rete non esiste IL MONDO !!!!.
Grillo ha portato sul palco Dario Fo, ma lo stesso in un video del 2004 gli dava del giullare da circo.
Per finire Il sig. Casaleggio e associati , ma sapete veramente chi è questa persona , i suoi soci sapete chi sono ??.Sasson vi dice niente!!!Vogliono controllare la rete GLOBALE A LIVELLO MONDIALE !!!LO STESSO CASALEGGIO E COMPARTECIPE IN SVARIATE SOCIETA' I N TUTTO IL MONDO VEDI LA CISCO SYSTEM AMERICANA guardate questi video dovete guardare questi video !!!!!
http://www.youtube.com/watch?v=rJIZ4rSRA3A 
http://www.youtube.com/watch?v=ANAjBl5BIpo 
http://www.youtube.com/watch?v=oDao73shEks
Il PD, il PDL sono finiti la politica è finita.
La soluzione a tutto ciò sarà sofferente per tutti e non sarà un invito a un gran galà!!!.
 
Bene usate il cervello usate la rete come dice qualcuno informatevi ma non sui blog italiani sui motori di ricerca stranieri, quelli italiani sono ormai controllati dalla Casaleggio e associati ..
A proposito cari grillini alzate la mano e ditemi se Grillo è company vi ha già dato un degno lavoro !!!! 
Non ci sono le idee giuste per governare !!!!!!!
 
La Sardegna è una sola e non nè ricostruiranno un'altra!!!!!!!
Pensiamo a noi stessi e lasciamo perdere quello che succede in Italia ..Invogliamo i nostri giovani a lavorare la terra,  importiamo tutto o quasi da fuori quindi siamo diventati clienti delle multinazionali e non più produttori!!  guardate il video su Youtube IO MI VOGLIO PASTORE 
http://www.youtube.com/watch?v=kmEvol2uZPQ .... la fierezza e identità di questa persona è da ammirare  deve servire da esempio !!!!!!!.Riprendiamoci la nostra terra ...o torneremo ad essere come questo video video che fà piangere !!!
http://www.youtube.com/watch?v=lOQYckuZq4I.
 Riprendiamoci la nostra identità........avanti forza paris...
avanti sempre AVANTI !!!!  MERIS. 
Un caro saluto a Doddore e a  tutti i militanti di Meris .
Chin salude e cuncoldia.!!!!